REMUS GRIGORE

In questa azienda mi sento in famiglia, grazie al senso di rispetto reciproco

Si stampa il modello, si tira fuori, si gira, si tinteggia, lo si manda al lavaggio.
È il lavoro che si fa nel reparto Formatura, dove, tra gli altri, lavora Remus Grigore, rumeno, originario di Bucarest. Remus il lavoro lo conosce perfettamente, potrebbe farlo ad occhi chiusi. Quand’era in Romania, ha lavorato per 21 anni in una fonderia. “Era una fonderia di proprietà dello Stato – ci racconta -, poi, quando Ceausescu è caduto (Nicolae Ceaușescu, il dittatore che ha guidato in Romania il regime comunista fino al 1989, ndr), è diventata privata, è andata avanti per un po’ di anni, ma nel 2007 è fallita”. “Sono arrivato in Italia nel 2008 – continua Remus -. C’erano dei contatti tra Ariotti e la fonderia dove lavoravo in Romania, si conoscevano. Gli Ariotti hanno parlato con il mio direttore, avevano bisogno di operai e ci hanno portato in Italia in quattro”.

Non è stato facile, all’inizio: nessuna conoscenza della lingua, difficoltà nel fare i documenti. “Mi ha aiutato una ragazza che era qui. E poi gli Ariotti ci hanno trovato una casa in affitto, si sono preoccupati di trovarci un appartamento dove poi siamo stati tutti noi quattro”.

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Un senso di famiglia inaspettato. Una disponibilità che ha premiato l’esperienza accumulata in Romania, una cura del dipendente che è prima di tutto rispetto per la persona.

Quello che mi piace di Fonderie Ariotti è che qui ci si sente davvero come in una grande famiglia – racconta ancora Remus -, sento che siamo tutti uguali, scherziamo insieme, c’è rispetto reciproco e questo è bellissimo. I miei amici non sono solo i rumeni, miei connazionali, sono tutti quelli che mi rispettano e che io rispetto”.

Remus ripete spesso la parola “rispetto”, come a sottolineare che è questo il mattone più solido su cui si fonda l’integrazione che in questa fabbrica è diventata un modello. Un mattone che compone una parete solidissima, che ogni giorno, in tanti, contribuiscono a fare più grande. “Qui sono in famiglia, e poi c’è lavoro, c’è la puntualità nel pagare gli operai, e anche questo è un segno di grande rispetto e di uguaglianza”.

Nel 2011 Remus ha portato in Italia anche la moglie e i figli. La moglie di Remus, è contenta, si è integrata. Il figlio di 22 anni ha frequentato in Italia l’istituto tecnico di Palazzolo sull’Oglio. Gioca a calcio, fa palestra. “Mio figlio vede il suo futuro in Italia – ci dice ancora Remus -. Non è preoccupato, non ha difficoltà. Il mio futuro? Non lo so, ma la mia patria resta la Romania”.

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