La fonderia è la mia casa, ma è difficile stare lontano dalla famiglia
Gli occhi di Nicolas Prince sono stanchi. Non solo della stanchezza fisica che gli provoca il lavoro nel reparto di sbavatura, ma anche di quella stanchezza dell’animo che scaturisce dal vissuto dei suoi 43 anni. Un vissuto che in Italia si conosce solo perché lo si legge sulle cronache dei quotidiani, ma che non lo si può comprendere appieno se non con un senso di compassionevole solidarietà.
Sono stanchi gli occhi di Nicolas, ma anche pacati, come se, finalmente, in Fonderie Ariotti, nella fabbrica, tra i colleghi, nel paese italiano d’adozione, quest’uomo avesse trovato il suo porto sicuro.
Nicolas è cresciuto in Liberia, da padre ghanese e madre liberiana. All’età di 16 anni si è trovato davanti la guerra. Il padre l’ha portato via, in Ghana, assieme a sua madre e ai suoi fratelli. Un po’ più grande, Nicolas è andato in Libia, in cerca di lavoro.
Per un po’ ha fatto il muratore, poi, 12 anni fa, il sogno di venire in Europa, pagando 700 dollari per un posto su una nave.
“Eravamo 90 persone. Dopo due giorni di traversata, siamo sbarcati a Catania, assistiti dalla Guardia Costiera – racconta Nicolas -. Ho deciso di lasciare la Libia perché lì mi trattavano male; sono cristiano e i musulmani in Libia sono cattivi con i cristiani”.
Da Catania Nicolas ha vissuto a Crotone, poi a Napoli, continuando a fare piccoli lavori. “Sono arrivato a Brescia grazie ad alcuni amici – continua Nicolas – che mi hanno aiutato a trovare lavoro. Ho fatto l’operaio in fabbrica per due anni, poi sono arrivato in Ariotti. Ho fatto un primo contratto di 3 mesi, poi un secondo di altri 3 mesi, e alla fine eccomi qui”.
La fonderia è diventata la sua casa, qui si trova bene, non ha mai avuto problemi. “Il lavoro è duro, pesante, spesso mi fanno male i muscoli – aggiunge Nicolas -, ma qui sono tutti simpatici e mi rispettano. Non c’è mai stato nessun litigio”.
Oggi Nicolas vive con un amico con cui divide le spese della casa. In Ghana ha una moglie, parrucchiera, e 3 figli di 19, 12 e 9 anni. Non li vede da anni, ma presto tornerà in Ghana, almeno per un paio di mesi. Nel futuro, sogna di portarli tutti qui. “Mi devo prima sistemare – dice -, non tutto è ancora pronto. A mia moglie piace l’idea di venire qui, ma devo riuscire ad offrire loro delle buone condizioni e una buona vita”.